La Pala Robbiana e la sua "discussa proprietà"

Nel corso della ricerca sulla storia di Gradara abbiamo avuto la fortuna di imbatterci in un nutrito carteggio riguardante la proprietà del più grande capolavoro che vanti Gradara: La terra cotta invetriata di Andrea Della Robbia dietro l'altare della cappella nel castello Malatestiano. La murata proprietà è ancora contesa fra il comune di Gradara e l'Amministrazione dello Stato, proprietaria della Rocca.

La pala Robbiana in terracotta

Abbiamo ritenuto interessante renderne pubblica per la prima volta la cronistoria soprattutto perché poco conosciuta e non nei termini esatti, sia dai diretti interessati - i cittadini gradaresi che da oltre cent'anni si ritengono proprietari indiscussi di uno dei più bei capolavori robbiani - sia dai numerosi turisti alle cui legittime domande viene risposto evasivamente.

Mentre numerosi sono gli opuscoli riguardanti il castello e la sua storia, nessuno di questi fa cenno esaurientemente alle opere d'arte che racchiude. La Pala Robbiana misura alla base mt. 1,72 ed in altezza mt. 2,13. Fu eseguita verso il 1480 appositamente per la cappella che è di un ventennio anteriore. Per molto tempo si credette opera di Luca Della Robbia, mentre recentemente, i critici d'arte concordano sul nome del nipote Andrea (Firenze 1435-1525). Entro una classica edicola formata da una predella, da due pilastri e dal sovrastante cornicione, si ammira in altorilievo la Madonna con il Bambino che ha il naturale gesto del ditino in bocca, seduta su uno sgabello di color paonazzo; a destra vi è S. Maria Maddalena e S. Girolamo, a sinistra S. Caterina d'Alessandria e S. Ludovico di Tolosa. Nel gradino, diviso da tre spazi, in bassorilievo vengono rappresentati S. Francesco che riceve le Stimmate, l'Annunciazione e la Comunione di S. Maria Egiziaca nel deserto.

Sui pilastri e sui cornicioni ricorrono ornamenti di fogliame color bianco su fondo turchino- i capitelli, gli ovuli e gli altri fregi architettonici sono dorati a fuoco come pure l'orlo dei pan- neggi delle singole figure, l'aureola raggiante della Madonna, la ruota di S. Caterina e il pi viale del Santo Vescovo tempestato qua e là di gigli dorati. Le figure, a metà del vero, si sta gliano bianche su un fondo turchino carico.

Una replica di questo capolavoro, sempre di Andrea, ma limitata solo alla parte superiore,l'am- mirammo a Prato nell'oratoriò della Madonna del Buon Consiglio. Per una breve, ma indispen sabile descrizione stilistica, diamo la parola al prof. Luigi Serra, già Regio Sovrintendente alle Gallerie e agli oggetti d'arte delle Marche e del quale avremo occasione di parlare più avanti.

Egli scrive: Ad Andrea è assegnata, a ragione, la Pala della Rocca di Gradara. lì Marquand le assegna la data 1480. E, in verità, la chiarezza e la sobrietà della composizione, la semplicità del panneggiare, i gesti contenuti, l'intimità del sentimento, l'immediatezza de( tocco e dell'es pressione fa pensare ad un'opera anteriore alla fine del '400. Fra le migliori di Andrea mal grado che l'annotazione di malinconia a lui propria veli con certa uniformità di accento le fi gure e le sfiorisca alquanto.

Più vivaci e mosse risultano le scenette della predella, in cui l'artista sembra sciogliersi da gra vami di religiosa compostezza che si era imposti nella figurazione principale. Disuguaglianze spicca te di fattura non si avvertono, in modo da accusare una intemperante partecipazione di aiuti, ma non la escludono completamente.

Nel 6/4/1861, su mandato di Quintino Sella, i regi commissari Giovanni MornIli e Giovanbatti sta Cavalcaselle, noti storici dell'arte dell'Ottocento, eseguirono una "ricognizione" alla Pala "opera di Luca della Robbia" che la trovarono di insigne bellezza, apposero il regio sigillo al piede sinistro mutilato della Beata Vergine. Osservarono pure una mutilazione sul naso di S. Francesco. Stimarono l'opera all'incirca L.40.000.

La Comunità di Gradara che dal 1860 aveva l'enfiteusi del castello, chiese ed ottenne la affrancazione del vincolo enfiteutico in data 291311865 con atto del dott. Paride Mondaini, notaio di Pesaro. Tale affrancazione comprendeva il grandioso fabbricato della Rocca esistente entro il recinto murato della terra di Gradara, nonché degli adiacenti terreni, con tutti i loro annessi e connessi, usi membri e pertinenze, niente escluso o riservato.

In tale importante atto, che equivaleva ad un autentico passaggio di proprietà dalla Santa Sede al comune di Gradara, non è fatto alcun esplicito riferimento alla Pala Robbiana, ma le parole già da noi sottolineate autorizzano a ritenere l'inclusione di detta opera d'arte fra quelle passate in pieno possesso della Comunità di Gradara!

Tale proprietà viene ancor più chiaramente ribadita nell'atto redatto il 26/4/1877 dal dott. Er menegildo Guidi, notaio in Pesaro. In tale strumento il comune di Gradara, concede in enfiteu si perpetua, gli stessi immobili al Conte Alessandro Morandi-Bonacossi con esclusione della Pala Robbiana.

Come meglio specificato, e senza ombra di dubbio, all'articolo 8 dello stesso atto e che ripor tiamo integralmente: "Ritenuto che nella Cappella della Rocca esIste una terracotta di molto pregio comecché opera di Luca Della Robbia... si dichiara quindi che il medesimo ad onta della fatta concessione enfiteutica al Sig. Conte Morandi-Bonacossi, rimane onninamente escluso dal contratto stesso ed in assoluta e piena proprietà del concedente comune di Gradara il quale si riserva il diritto e la facoltà di disporre liberamente ed a suo talento".

Il Consiglio Comunale di Gradara (con il diritto ormai acquisito e pacifico che ad esso prove niva dall'atto d'affrancazione nei confronti della Santa Sede che non escludeva la Pala Rob biana, ed a quello del 26/4/1877 a favore del Morandi-Bonacossi che la escludeva) trovandosi sempre più in "ristrettezze economiche" e "facendo buon viso ad una offerta di L.100.000 pre sentata dal Sig. Filippo Fiscali di Firenze nella seduta del 16/4/1909 decise di vendere la Pala Robbiana per costruire "locali scolastici per le frazioni, la strada nella Vallata di Granarola, il Mattatoio, un lavatoio a vasche multiple, un campo boario ecc.".

Gli amministratori facevano però obbligo al Fiscali, "trarne prima della consegna un fax simile in maiolica, da collocarsi, per memoria, in una delle sale comunali". L'unico voto contrario a detta decisione fu quello del Sig. Francesco Gradari. La Giunta Provinciale Amministrativa di Pesaro nell'adunanza del 7 maggio 1909 non ha approvato la deliberazione Consigliare, non perché ne mettesse in dubbio la proprietà, ma perché l'opera "...non è suscettibile di vendita a privati a norma del combinato disposto degli artt. 2 e 3 della legge 12/6/1902 n. 185". Il consiglio comunale ripropone l'argomento nella seduta del 216/1909. La Giunta Provinciale Am ministrativa lungi dal contestare la proprietà al comune di Gradara "prende atto in ordine alla proposta da farsi ai Ministero della Pubblica Istruzione per l'acquisto del quadro da parte dello Stato".

È da supporre che lo Stato abbia declinato l'offerta, facendo balenare prossimi interventi a favore dei comuni più poveri, '---e la Giunta Comunale di Gradara con nota del 26 settembre 1909 comunicava al prefetto di Pesaro che "in attesa di provvedimenti che il superiore Gover no prenderà al fine di ristorare le finanze dei comuni, ha deliberato di sospendere ogni pratica circa l'allienazione della pregiata terra cotta di Luca Della Robbia".

lì terremoto di Messina, con oltre 60.000 morti e la conseguente distruzione di 300 comuni, fa svanire ogni speranza di ristoro delle finanze!

Questa curiosa parentesi che si è aperta e chiusa in pochi mesi, ha solo rafforzato la convinzione della legittima proprietà del comune di Gradara sul capolavoro di Andrea Della Robbia, come ben spiegato d'al citato articolo 8, anche se restava collocata nel castello, non più di proprietà comunale. Il terremoto del 17 maggio 1916, ed ancor più quello dei giorni 15 e 16 ago- sto dello stesso anno, lesionando il soffitto della cappella, risvegliò l'interesse sulla Pala Rob biana. È da premettere che la terracotta robbiana nella prima metà del '700 era stata collocata dal Cardinale Annibale Albani nel suo appartamento privato ricavato dalla divisione della gran de sala da pranzo del primo piano.

Dietro disposizione del Ministero dell'Istruzione il 18 settembre 1916 si inizia il distacco della maiolica robbiana. Il lungo verbale che ne segue, firmato anche dal Regio Ispettore dei mo numenti prof. Luzio Luzi, ribadisce la proprietà comunale. Detta proprietà viene ancora ri confermata quando il 23 settembre 1916 fu consegnata al sindaco di Gradara Moretti Giu seppe, sempre dal prof. Luzi e dal prof. Romolo Giuliani, operatore materiale del distacco, "una cassa di legno in un locale del Monte di Pietà in Via Umberto I". Perché in tale occa sione la Pala Robbiana, smontata a pezzi, venne consegnata al sindaco di Gradara, anche se poteva essere meglio conservata in un museo statale? Facile la risposta: il comune di Gra dara era, ancora, ritenuto il legittimo proprietario. E per fortuna! Un piccolo dubbio avrebbe da to motivo allo Stato di portar via quella preziosa cassa, e per sempre!

Il citato verbale del 18/9/1916 che descrive minutamente, pezzo per pezzo la Pala Robbiana, ci offre notizie molto interessanti ed inedite che meritano, almeno in parte, di essere riportate. Una prima considerazione balza alla mente: la permanenza durante i secoli della soldataglia nella Rocca e, in special modo, la furia devastatrice dei Francesi non hanno risparmiato la Pala Robbiana! Anche lei ha fatto la guerra. Le dorature sono quasi tutte scomparse; le scheg giature, le fenditure non si contano! Cosi pure i "colpi di sciabola e di arma contundente". Solo nel collo e nel braccio destro del Bambino si contano "dieci colpi". Il labbro superiore del Santo Vescovo "è stato asportato da un corpo di arma contundente". Due colpi di scia boIa ha sopportato il manto. La ruota di 5. Caterina manca di quattro denti. La stessa Santa presenta "colpi di sciabola nel labbro superiore e nella punta del naso".

È solo un saggio di tre pagine dense di queste ferite! Mentre il capolavoro smontato riposava nella cassa d'olmo, cessava la Grande Guerra ed il comune pressantemente si rivolgeva agli eredi Morandi-Bonacossi affinché, nel rispetto dei patti sottoscritti nella compra, mettessero mano a urgenti lavori di restauro alla Rocca. I proprietari preferirono vendere nel 1920 il ca stello all'ing. Umberto Zanvettori. Questi, dopo aver completamente restaurato il castello, si adoperò per il ricollocamento dell'opera Robbiana nella sua vecchia sede.

Il Consiglio Comunale il 25 novembre 1921, pur accordando fiducia al nuovo proprietario, con undici voti favorevoli ed uno contrario, propose "di formare nella sede comunale una piccola galleria, ove poter collocare tutti gli oggetti d'arte che il comune possiede, comprendendo principalmente la Pala Robbiana". Tale soluzione fu ribadita in una successiva seduta con la scelta del locale, e se l'allestimento della galleria non ebbe luogo, fu perché il locale era tem poraneamente occupato. Interviene a favore del ricollocamento nel castello il prof. Luigi Serra, ma il consiglio il 27 agosto 1922 "unanime delibera di confermare quanto già stabilito e di non dare il proprio benestare per il collocamento della Pala Robbiana in locali che non siano di proprietà comunale". lì 12 settembre successivo la Prefettura prende netta posizione contro la decisione del Consiglio Comunale. Il commissario prefettizio di Gradara insiste affer mando di voler incaricare il maestro d'arte Ferruccio Mengaroni di ricomporre in Municipio la Pala Robbiana.

Nello stesso anno interviene il Ministero della Pubblica Istruzione ribadendo il carattere di im mobile per destinazione del capolavoro in discussione, ordinandone la ricollocazione nella cap pella primitiva della Rocca al piano terra (attuale collocazione), a prescindere "dalla condizione giuridica della cosa nei riguardi dell'appartenenza". Il Commissario Prefettizio di Gradara final mente con sua del 2011111922 pur riconfermando "la ormai incontestata proprietà della Pala Robbiana" si dice ossequiente agli ordini superiori, ma insiste che "sia sempre garantita la proprietà comunale".

Il Regio Prefetto assicura che, in quanto alla garanzia di proprietà, l'amministrazione comuna le "potrà fare le riserve opportune nel verbale di consegna". La consegna della cassa di legno con i 48 pezzi della terra cotta, viene eseguita il 25 gennaio 1923 in presenza del Com missario Prefettizio di Gradara F. Tortolani, dell'avvocato G. Palazzi per delega della soprain tendenza dei monumenti di Ancona, dell'ingegner U. Zanvettori che dichiara: da parte sua e dei suoi discendenti e successori sarà sempre garantita la proprietà comunale della Pala Rob biana.

Nei primi del 1966 la Pro Loco ed alcuni amministratori, considerate le sempre crescenti dif ficoltà finanziarie degli enti pubblici, accarezzarono l'idea di poter cedere la Pala Robbiana al Ministero della Pubblica Istruzione o ad un grande Istituto di Credito, a condizione, e qui sta la differenza dell'analoga proposta del 1909, che la Pala restasse al suo posto (e non la copia...) con l'apposizione di una targhetta indicante la nuova proprietà.

Ad una istanza del Sindaco per il collocamento di una targhetta vicino al capolavoro, la So printendenza alla Galleria delle Marche, con lettera del 241311966 rispose che "la richiesta era perfettamente legittima dato che dalle notifiche esistenti presso questo archivio la Pala di ter ra cotta invetriata di Andrea Della Robbia sita nel castello risulta di proprietà del comune di Gradara". Ma la richiesta, per competenza, occorreva indirizzarla alla Soprintendenza ai monu menti di Ancona. Questa, nonostante che le guide ufficiali turistiche indicassero da decenni che la proprietà comunale risaliva ad oltre un secolo, chiese la prova.

L'Amministrazione comunale, assistita dal geometra G. Gaudiano e dall'avvocato F. Casaccia, raccolse le testimonianze che sopra abbiamo citato, concludendo: "Senza dubbio alcuno es sere la pregevole opera di Luca Della Robbia di esclusiva e legale proprietà del comune di Gradara". Con raccomandata dell'81111968 prot. n. 6226 il Ministero della Pubblica Istruzione, con firma autografa dell'allora Ministro Gui, così scrive al Sindaco di Gradara: "Esaminata la questione concernente la proprietà della Pala Robbiana, conservata nella Rocca di Gradara, questo Ministero sentito anche il parere dell'avvocatura distrettuale dello Stato di Ancona, re spinge senz'altro la pretesa di codesto comune in quanto priva di qualsiasi fondamento. In fatti, dal rogito del notaio e segretario apostolico Angelo Testa in data 27/4/1860 e dagli atti ad esso allegati risulta chiaramente che l'originario diritto di enfiteusi in favore di codesto comune fu costruito da parte della Santa Sede, escludendo espressamente oltre che il titolo di Marchese che si era fino ad allora accompagnato ad analoghe concessioni, anche gli oggetti di belle arti esistenti in terra cotta nella Rocca di Gradara, onde disporne liberamente. Dal momento, quin di, che l'enfiteusi sin dall'origine non gravò su tale bene, nessun diritto su di esso ebbe ad acquistare codesto comune con l'atto di affrancazione del 291311865 n. 341198 di Rep., rogato dal ricevitore del registro di Pesaro. Ne consegue che la Pala Robbiana, essendo allora rima sta in proprietà dello Stato Pontificio appartiene ora legittimamente allo Stato Italiano e per esso a questa amministrazione.

Firmato: Il Ministro Gui".

Fu un vero colpo per tutta la popolazione! Specie per la più anziana. Cadono le illusioni di oltre un secolo! Possibile che nemmeno i ministeriali del 1909 e del 1922 avessero visto il rogito del 27 aprile 1860?

Ma la speranza rimane. Perché la Santa Sede escludendo dalla enfiteusi, non ha espressa mente nominato il capolavoro Robbiano come invece ha successivamente fatto il Sindaco di Gradara con l'articolo 8 più sopra riportato? E poiché la Santa Sede ha nominato al plurale gli oggetti di belle arti ci dovrebbe pur essere un inventano allegato all'atto del 1860.

Anzi il Ministro accenna ad atti allegati. E dato che nel castello esistono altre terrecotte pre gevoli e murate e mobili, la Santa Sede non poteva a queste fare riferimento?

L'Amministrazione Comunale, in attesa di conoscere il contenuto dell'inventano allegato all'at to del 1860, non è disposta a rettificare quanto è da oltre un secolo annotato nel suo "Inven tario dei beni immobili di uso pubblico per destinazione". In tale registro e proprio al numero uno, e non poteva essere altrimenti, sta scritto: TERRA COTTA ROBBIANA: antico possesso, piena proprietà comunale.

I cittadini di Gradara si augurano che questa antica e piena proprietà venga finalmente riconfermata senza possibilità di nuove contestazioni.

 

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